Il caso dei poligoni militari in Sardegna è una vicenda intricata, fatta di silenzi, tentativi di nascondere i danni e minimizzare il problema. È anche la storia di una richiesta di giustizia che arriva dai cittadini sardi, preoccupati per le conseguenze ambientali e sanitarie di queste strutture.
In Sardegna, chi denuncia la situazione dei poligoni militari rischia spesso il silenzio o la minaccia. Dal 2005, molti abitanti e attivisti hanno cercato di portare alla luce la verità, ma la questione è ostacolata da vincoli e pressioni dei poteri forti. Mariella Cao, ex insegnante e attivista, è una delle voci più rilevanti nella lotta contro l’inquinamento prodotto da questi poligoni. Fondatrice dell’associazione *Gettiamo le basi*, Cao ha sollevato il problema di contaminazioni gravi in Sardegna, come a Salto di Quirra, dove si sono registrati casi di tumori, malformazioni animali e la nascita di agnelli con deformazioni.
Il problema della contaminazione dei poligoni
Metalli pesanti e scorie tossiche sono stati nascosti in aree splendide dell’isola, come le vicinanze di spiagge rinomate. L’uso di uranio impoverito e altri agenti cancerogeni nelle esercitazioni è stato denunciato per la prima volta nel 2005, con il coinvolgimento della NATO. Il poligono di Salto di Quirra, il più grande d’Europa, si estende tra Cagliari e Nuoro ed è utilizzato per esercitazioni da Stati stranieri e aziende private. Anche il poligono di Capo Teulada e quello di Capo Frasca contribuiscono a fare della Sardegna il cuore delle basi militari italiane e internazionali, impiegate per test su nuove armi e operazioni militari con impatti dannosi per l’ambiente.
Conseguenze per la salute
La questione della salute pubblica è centrale. L’esposizione all’uranio impoverito e ai composti radioattivi come il torio ha causato malattie e morti, sia tra i militari che tra gli abitanti delle zone vicine. L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, ha portato avanti cause per ottenere giustizia per i militari vittime di questi agenti contaminanti. Tra i casi emblematici, quello di Alberto Sanna, deceduto per l’esposizione a uranio impoverito, evidenzia l’urgenza di una prevenzione più efficace.
Poligoni, interessi economici e denunce politiche
La situazione è aggravata dall’affitto dei poligoni militari, concessi a Stati esteri e a imprese private a tariffe elevate. Nonostante le richieste dei cittadini di chiudere queste basi, lo Stato beneficia economicamente dall’affitto di queste aree. Come denuncia Cao, la Sardegna è considerata un “gioiello della corona” per l’Italia, essenziale per operazioni belliche nel Mediterraneo.
La lotta per chiudere i poligoni e bonificare le aree inquinate ha visto anche l’intervento di alcuni politici, come Gian Piero Scanu, ex presidente della Commissione Uranio Impoverito, che ha cercato di evidenziare i rischi sanitari senza ottenere risposte adeguate.
Un’isola in pericolo
I poligoni militari in Sardegna rappresentano oggi il 60% del demanio militare italiano. Malattie e malformazioni tra gli animali e gli abitanti locali, inchieste archiviate e denunce senza risposte continuano a raccontare una storia di omertà e di ingiustizia.
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